Le Origini

Il palazzo Sforza Cesarini fu eretto dal Cardinale Rodrigo Borgia probabilmente sulle strutture di un edificio preesistente che si può ritenere avesse funzioni di Zecca pontificia.
Ciò si può dedurre da due documenti del tempo, il primo dei quali è una Bolla del 23 febbraio 1458 la quale concerne la vendita al Cardinale Borgia del palazzo della Zecca, posta sulla via “dicitur Recta” (aggettivo applicato a diverse strade) presso la Chiesa di S. Biagio della Pagnotta. In questo atto si specifica che nel palazzo si teneva “pubblica zecha” per conto della Camera Apostolica.
Nei Commentari di Pio II, scritti intorno al 1462, si fà menzione del palazzo Sforza nell’ambito della descrizione della processione per l’arrivo in Roma della testa di S. Andrea. Anche in quest’opera il palazzo viene citato come sede della Zecca e si descrive, per l’occasione, ornato di arazzi ed arricchito dall’esposizione di oggetti d’arte.

Rodrigo Borgia abita il palazzo in qualità di Vice Cancelliere della Chiesa, carica questa che gli venne conferita nel 1457 da Papa Callisto III di cui Rodrigo era nipote. Da allora il palazzo venne comunemente definito “Cancelleria” appellativo che ritroviamo in molte antiche descrizioni.
Gaspare da Verona intorno al 1465 ne parla come di un edificio già compiuto, constatando essere uno dei più magnifici d’Italia ed annotando che i fondi per le spese derivarono al Cardinale dall’ eredità di Pietro Borgia morto nel 1453.
Il Donati cita il palazzo come uno dei più famosi del tempo nella città di Roma.
Nel 1484, in una lettera spedita a Milano, al fratello Ludovico il Moro, il Cardinale Ascanio Sforza descrive, meravigliato, l’arredo del palazzo.
Nel 1492 Rodrigo Borgia sale al soglio pontificio con il nome di Alessandro VI (1492 1503) ed investe della carica di Vice Cancelliere il Cardinale Ascanio Sforza; con essa il Cardinale Sforza acquisisce il diritto di abitare nella sede della Cancelleria.
Alla morte del Cardinal Ascanio avvenuta nel 1505, la carica di Vice Cancelliere e con essa l’uso del palazzo della Cancelleria furono conferiti da Papa Giulio Il a suo nipote Il Cardinale Galeotto della Rovere morto nel 1508.
A quest’ultimo si deve il restauro ovvero le migliorie apportate al palazzo così come ci viene descritto da Francesco Albertini:
“Domus Cancellariae, quam Rodericus Borgia Vicecancellarius reparavit, Galeoctus vero Nepos tuae Sanctitatis vicecancell. multis in locis ampliavit ac statuís marmoreis ac pulcherrimis picturis exornavit”.
Il Giovio descrive una stanza fatta dipingere con vari e curiosi emblemi di stucco dorato dal Cardinale Galeotto della Rovere e continua dicendo che “la qual pittura hoggidi ancora fa maravigliare, e ridere spesso il Signor Camerlengo Guido Ascanio Sforza, che habíta quella stanza, come più onorata”.
L’intervento di Galeotto della Rovere è ricordato nella mostra marmorea di una porta posta al piano terra sotto il portico settecentesco; su tale mostra, incisa, si legge la scritta GAL VICECANCEL.
Nel 1508 a Galeotto della Rovere segue nella carica di Vice Cancelliere Sisto Gara della Rovere, altro nipote dì Giulio Il.
Sisto Gara muore l’ 8 marzo 1517 ed è probabilmente l’ultimo cardinale che svolge i suoi compiti di Vice Cancelliere nel palazzo oggetto di questa tesi.
Certamente il suo successore, Cardinale Giulio de’ Medici, poi Clemente VII non potè stabilirsi immediatamente nel palazzo in quanto le esequie di Sisto Gara erano ancora da celebrarsi.
Ma, secondo il Ratti, la sede non tornò più nel palazzo della Cancelleria. trasferendosi direttamente nel palazzo Riario.
Infatti il 21 aprile del 1517 fu sventata la congiura contro Leone X di cui faceva parte anche il Cardinale Raffaele Riario, a cui venne confiscato il palazzo di sua proprietà. Da allora il palazzo Riario prese il nome di Cancelleria, mentre quello su via dei Banchi Vecchi venne indicato come Cancelleria Vecchia.
 
Intanto nel 1512 il Duca di Milano Massimiliano Sforza dona il palazzo, di cui probabilmente riteneva avere il dominio, a Monsignor Ottaviano M. Sforza Vescovo di Lodi.
Il Ratti nella sua opera avanza l’ipotesi che il palazzo venisse ceduto da Leone X al Duca di Milano Francesco Il Sforza, e ciò potrebbe essere confermato dall’episodio che vede lo stesso Francesco II, nel 1522, dare in locazione il palazzo al Cardinale Lorenzo Pucci.
Comunque sia Francesco Il ne ritenne il dominio se non il possesso sino alla morte avvenuta nell’ottobre del 1535.
Nello stesso anno la Camera Apostolica ne tornò in possesso a fronte di un credito di ventimila ducati d’oro che la stessa aveva con il Duca di Milano.
In seguito lo stesso Paolo III dona il palazzo al Cardinale Guido Ascanio Sforza ed ai suoi fratelli Sforza, Carlo, Mario, Alessandro e Paolo.
Il 23 maggio 1541 per gli atti del Notaio Agostino Bonvicini viene rogato a Roma un atto notarile con il quale Monsignor Ottaviano Sforza fà donazione del palazzo al Cardinale Guido Ascanio, cedendogli quei diritti che egli stesso poteva avere in virtù della donazione fattagli dal Duca Massimiliano.
Nel 1555 il Cardinale GuidoAscanio, nell’intento di preservare i beni della famiglia, stabilì con il consenso di tutti gli altri fratelli dei fideicommissi tra i suddetti, attraverso i quali avveniva una cessione reciproca dei beni e la possibilità di sostituzione delle rispettive discendenze.
Nello stesso tempo il CardinaIe GuidoAscanio pone la condizione che il palazzo Sforza venga abitato dagli ecclesiastici della famiglia, a condizione che questi si facciano carico della manutenzione e del restauro del medesimo.
Dopo la morte del Cardinale GuidoAscanio (1564), secondo l’accordo suddetto, il palazzo venne abitato dal Cardinale Alessandro (m.1581) e, dal 1583 dal Cardinale Francesco.
Durante l’occupazione del palazzo da parte di quest’ultimo, si verificò il crollo o comunque la demolizione del lato su via dei Banchi Vecchi, in seguito al quale i laici della famiglia, nella figura del Duca Alessandro intentarono una causa contro lo stesso Cardinale, reo di aver disatteso alla manutenzione del palazzo, al fine di riacquisire la disponibilità dell’edificio.
La causa si protrasse sino al 1680, quando si venne ad una concordia tra Monsignor Massimiliano e il Duca Ludovico a cui fu concesso l’uso del palazzo, con l’accordo che questo, alla morte del Duca dovesse ritornare alle sue primitive funzioni.
Nella realtà il palazzo, da quel momento, viene definitivamente acquisito dai laici della famiglia; alla morte del Duca Ludovico, avvenuta nel 1685, l’edíficio venne infatti occupato dal Duca Francesco, ed in seguito dalla discendenza del Duca Federico con il quale inizia anche la genealogia degli Sforza Cesarini.
Riportiamo infine una descrizione del palazzo agli inizi del 1600 inserita all’interno di una “Descrizione delle case” di autore anonimo:
“Palazzo di Sforza. Ha la facciata dinanti di passi [ … ] il fianco di 75. Ha un finestrato principale che è rovinato. Il cortile con loggie che regirano, la porta non è nel mezzo. Il cortile è lungo passi 40, largo 25. Le loggie quelle che vanno per il lungo del cortile è lunga passi 51 larga 5, le due altre una all’entrata e l’altra in testa sono lunghe passi 10 larghe 3”.

Testo di Fausto Pace

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